VIOLA D’AMORE SOLO

Brilliant Classics, 2012

La viola d’amore, protagonista di quest’incisione, è uno strumento ancora oggi poco frequentato e diffuso.

Munita di due serie di corde, sei o sette di budello ed altre (da sei a ventuno) di metallo dette “di risonanza” (posizionate sotto il ponticello), la viola d’amore possiede un timbro particolare che fin dall’antichità è stato definito come “dolce, affettuoso, argentino, angelico”: timbro e voce sono conferiti allo strumento proprio per la vibrazione per simpatia delle corde di metallo.

L’origine dello strumento non è tutt’ora chiara; tuttavia è evidente che il principio delle corde di risonanza caro agli strumenti orientali sembra essere stato applicato direttamente ad una viola da gamba soprano. E’ così che la viola d’amore ( quasi una turcheria, un’imitazione strumenti “moreschi”) fa le sue prime apparizioni nell’area austro germanica alla metà del Seicento, proprio quando l’impero ottomano fu sconfitto dalle armate cattoliche sotto le porte di Vienna.

I primi brani per viola d’amore di cui abbiamo notizia sono appunto dell’area austro-germanica della metà del XVII secolo; Antonio Vivaldi, sommo compositore veneziano, le dedicò quasi una decina di concerti solistici e creò un linguaggio idiomatico ed una tecnica propria dello strumento. Egli stesso ne era virtuoso e con lui le sue due allieve dell’Ospedale della Pietà: Anna Maria e Chiaretta.

Ho voluto con questa registrazione incidere un percorso tra i brani più belli dell’epoca barocca scritti per viola d’amore sola, affiancando brani tradizionali del repertorio come le due partite di Petzold, con brani di più raro ascolto.

L’importanza delle due partite di Christian Petzold per la viola d’amore può essere paragonata all’importanza delle sonate e partite di Bach per il violino. In questi due brani il compositore tedesco esplora a fondo le possibilità tecniche e sonora della viola d’amore raggiungendo risultati del tutto sorprendenti.

La forma di questi due brani è quella tipica della suite di area germanica, a sua volta modellata sulla suite di stile francese e si articola in un susseguirsi di tempi di danza molto vari: un vero e proprio campionario della danza barocca a cavallo tra questi due stili!

In entrambi i brani un anonimo esecutore (o forse il compositore stesso) ha annotato delle fioriture, specialmente in occasione delle petite reprises. Queste annotazioni sono state la chiave per scrivere le mie fioriture, ed intrpretare così le indicazioni frammentarie di quest’anonimo esecutore. In altri casi ho aggiunto delle cadenze (come nell’aria della partita in La maggiore)tenendo sempre presente lo spirito e l’affetto della musica.

Il Capriccio e Minuetto di Angelo Morigi, musicista riminese di nascita allievo di Giuseppe Tartini e Francesco Antonio Vallotti è una piccola gemma musicale; rappresenta infatti un unicum nel repertorio dell’epoca. Si tratta di due fogli inseriti in una grande antologia di sonate per violino e basso continuo, in gran parte anonime, probabilmente copiate a Roma nella seconda metà del settecento. Il manoscritto riporta l’indicazione “le note diverse devono essere spizzicate” che indica l’utilizzo del pizzicato per gli arpeggi discendenti a corde vuote. La particolarità della scrittura e della scordatura ne fa un brano prezioso che con la viola d’amore acquista un carattere fresco e luminoso.

La Partita in Re maggiore è un brano anonimo facente parte di un corpus di quattro suites per viola d’amore di area germanica della seconda metà del diciassettesimo secolo. Il manoscritto è stato trovato nel 2009 in un modo singolare: era stato infatti usato come carta per foderare delle stampe incorniciate. Non è chiaro se sia esistita anche una parte di accompagnamento di basso, tuttavia la scrittura si adatta perfettamente anche all’esecuzione con lo strumento solo senza basso.

Sempre anonima è la suite in Re minore costituita di soli quattro piccoli movimenti. Il manoscritto che la riporta è un’antologia di fine seicento conservata a Klagenfurt; essa raccoglie suites intere e singole danze, la maggioranza scritte per violino senza accompagnamento. Il tipo di scordatura prevista per questo brano ha suggerito in modo evidente l’utilizzo della viola d’amore come primo strumento destinatario per questa brano.

Una parola a parte la merita la musica di Giuseppe Colombi registrata in questo Cd. Si tratta di una manciata di piccoli brani conservati manoscritti presso la Biblioteca Estense di Modena. Si tratta di poche righe di musica ma di grande intensità, quasi di piccoli gioielli; sono scritti con una scordatura molto particolare e l’uso della viola d’amore ne sottolinea perfettamente il carattere umbratile e malinconico.

Ho cercato di interpretare questa musica tenendo fermi due principi, il rigore e la fantasia. Il punto di partenza è stato quello di cercare un’interpretazione rigorosa sotto il profilo della filologia musicale, creando così una base solida su cui intessere l’interpretazione musicale vera e propria.

La phantasia, concetto chiave dell’era barocca, ci suggerisce di salire poi un gradino successivo: il brano, attraverso la reinterpretazione anche testuale fatta di fioriture, passaggi e cadenze si trasforma in “qualcosa d’altro” pur rimanendo nell’essenza uguale a se stesso.

E’ l’”illusione” del cannocchiale e del caleiodoscopio così cara all’estetica barocca: le fioriture servono per esaltare il carattere del pezzo, che nel barocco è in massima parte extra-musicale (cioè è sempre un affetto). Se teniamo presente che le emozioni, le descrizioni, gli affetti della natura umana racchiusi nella musica sono vivi ed i medesimi ora come allora il rigore filologico servirà da sostegno e non da ostacolo, come purtroppo talvolta accade, ad una visione che sia ricca di colori, sfumature, sentimenti come il testo musicale stesso suggerisce.

Ho cercato di sottolineare questo o quell’altro carattere differente attraverso la tecnica della variazione usata quasi come una lente di ingrandimento. La bellezza di questa tecnica tutta barocca (era rarissima infatti nel seicento e nel settecento esecuzione che fosse priva di variazioni) sta nella versatilità: ogni esecutore sottolinea infatti con le sue fioriture un aspetto differente della composizione. E’ come ammirare un paesaggio: l’uno ne esalterà la luce morbida del pomeriggio, l’altro sarà colpito di più dai colori della natura, un altro dal cielo, un altro ancora dal dolce declinare delle colline all’orizzonte…tuttavia il paesaggio, nella sua interezza, rimane per tutti lo stesso!

E’ questo un concetto molto importante dell’estetica musicale barocca oggi considerata poco in questa accezione con il risultato di generare due visioni opposte ed entrambe, a mio avviso, poco significative. Da una parte un certo “manierismo” fa tendere il musicista alla ricerca di un’esecuzione musicale uniformata al gusto ed al modus odierno nell’interpretare la musica antica. Per contro si assiste anche al fenomeno contrario, alla ricerca cioè di un’esecuzione nuova ed originale a tutti i costi, spesso a scapito del buon gusto e del rigore filologico.

Ho cercato di esaltare al massimo le possibilità sonore della viola d’amore. Per fare ciò ho cercato un modo di suonare che fosse proprio della viola d’amore stessa: essa, infatti, se suonata come un violino o una viola come molti esecutori fanno, non produce quei meravigliosi effetti di risonanza che la contraddistinguono. Una tecnica d’arco appropriata farà improvvisamente nascere quelle “nuvole” di suono così particolari che un violino non possiede. E’ la viola d’amore stessa che suggerisce il grado di forza e velocità d’arco necessarie, e l’eccellenza sonora della viola d’amore Gagliano della Fondazione Elsa Peretti ha contribuito moltissimo alla riuscita di un suono intimo e particolarissimo che già gli antichi definivano pieno della “dolcezza degli angioli”.

Ho voluto, con questa registrazione, investigare il repertorio di uno strumento poco diffuso e conosciuto, ma che oggi come nell’antichità continua ad affascinare compositori, esecutori e pubblico, a partire dal mistero del suo nome. Ma soprattutto ho voluto tracciare un percorso sonoro. Il cammino si apre con l’Ave Maris Stella antichissimo inno in onore della Madre di Dio, che è stato posto quasi come un sigillo in apertura a tutto il programma. Di sottofondo all’inno si sentono le campane della chiesa di Santa Maria in Vallicella in Roma che, in uno dei suoi antichi locali, ha ospitato la registrazione del disco. Questa è nello stesso tempo una preghiera ed anche una sorta di macchina del tempo sonora: rappresenta l’”oggi” nel quale ho registrato la musica che è fatto però di suoni antichissimi, e che conduce a musica fatta di suoni immaginati quattrocento anni fa, ma suonati oggi ed ascoltati nel domani del giorno in cui scrivo queste parole!

Questa è, a mio avviso, l’essenza concettuale dell’idea barocca di “illusione” che indica una stratificazione della realtà e non un’apparenza priva di consistenza reale, come il concetto moderno di illusione suggerisce; quest’idea moderna ha in se un’accezione negativa e genera sconforto invece di barocca “meraviglia”. Ho cercato di tenere sempre vivo questo concetto all’interno del disco, ed alla luce di questo l’Ave Maris Stella iniziale, così come succedeva spessissimo nel seicento e nel settecento, è dedica e richiesta di protezione alla Santa Madre di Dio per un opera che non nasce come nell’ottocento per essere fruita dal di fuori, ma per essere vissuta come dal di dentro come percorso, che sia suonata o più semplicemente ascoltata.

TRACKLIST & CREDITS

Anonimo
Ave Maris Stella

Anonimo, Austria (fine XVII sec.)
Suite in Re min

Giuseppe Colombi (1635 – 1694)
Scordatura in Sol magg
Scordatura (Ciacona)

Angelo Morigi (1725 – 1801)
Capriccio e Minuetto

Anonimo, Austria/Germania (inizio XVIII sec.)
Partita in Re magg

Giuseppe Colombi
Scordatura in La magg

Anonimo
Nitida stella

Christian Petzold (1677 – ante 1733)
Partita in Fa magg

Pedro Lopes Nogueira (metà XVIII sec.)
Gaita de Folle

Christian Petzold
Partita in La magg

Giuseppe Colombi
Scordatura in Mi min

Realizzato grazie al sostegno della Nando Peretti Foundation, Roma

Prodotto da Associazione Culturale Musicale Musicangelica, Roma

Registrazione
7-9 Gennaio 2012, Santa Maria in Vallicella
Refettorio del Borromini, Roma

Regia
Laura Corolla

Tecnico del suono, montaggio, mixing e mastering
Canio Giuseppe Famularo, www.opera-live.it